Chi produce olio extravergine di oliva per il mercato sa che ogni annata è diversa dall’altra, che non basta seguire la naturale alternanza delle produzioni e che serve affrontare tutte le difficoltà che si presentano durante i mesi precedenti al momento della raccolta.
L’olio è una pianta millenaria molto resistente e con la capacità di autorigenerarsi, ma se lasciata a se stessa tende a inselvatichirsi e a perdere il potenziale produttivo. E’ necessario stare fra gli olivi tutto l’anno per monitorare e controllare eventuali attacchi di agenti patogeni e decidere se e come intervenire per la difesa fitosanitaria delle piante.
Vogliamo darvi qualche informazione su questa raccolta appena conclusa, sulla base dei dati ISMEA. Secondo queste stime tutt’ora in aggiornamento si prevede un totale di circa 320’000 tonnellate di olio prodotte, in aumento del 75% sull’anno precedente, ma certo non ancora sufficienti a soddisfare la domanda interna di consumo. L’Italia vive la contraddizione di essere un grande paese esportatore (380’000 tonnellate) e al tempo stesso importatore di olio extravergine di oliva (oltre 570’000 tonnellate).
L’olio extravergine d’oliva italiano e di qualità segue più facilmente i canali esteri, dove viene scelto, apprezzato e consumato per tutto il valore che rappresenta.
La stagione 2017-2018 non è stata delle più fortunate, soprattutto per via delle condizioni climatiche. In primavera le fioriture sono state messe a dura prova in alcune regioni dalla grandine e successivamente dal caldo eccessivo che ha portato a una formazione dei frutti ridotta nel numero e a una maturazione non equilibrata. Il clima caldo e asciutto protratto per tutta l’estate fino all’autunno ha messo a dura prova la resistenza produttiva degli oliveti, dove generalmente non si ritiene necessario sostenerli con i sistemi di fertirrigazione, come la Toscana, il Lazio, l’Umbria e le Marche. Altresì è vero che le alte temperature e i venti asciutti hanno determinato l’assenza quasi totale degli attacchi della mosca olearia e degli altri parassiti, per cui le olive sono rimaste sane sugli alberi e con un’alta concentrazione di olio, che ha portato a buone rese, durante l’estrazione e anche a un’alta carica e concentrazione di sostanze fenoliche.
In molte regioni i produttori hanno anticipato la raccolta per via di un anticipo delle invaiature, quando il colore della buccia vira velocemente dal verde al nero – violaceo. Le olive in realtà, se pure apparentemente pronte per la raccolta, non erano sufficientemente mature e idratate. Ciò ha determinato un impatto importante negli oli delle sensazioni di amaro e astringenza. I produttori che hanno aspettato una maturazione più tardiva e un abbassamento delle temperature ancor troppo calde nei primi giorni di autunno, hanno ottenuto risultati migliori per la qualità degli oli, che sono usciti più equilibrati. Nelle regioni del Sud, dove gli olivete sono spesso assistiti da sistemi di irrigazione, l’emergenza si è sentita di meno ma di certo il caldo ha comunque condizionato anche in questi luoghi l’andamento della campagna olearia. Le rese in olio sono state mediamente un po’ ovunque.
Queste considerazioni generali escono dai primi confronti con i produttori che sono usciti dai frantoi stanchi, ma anche molto soddisfatti per aver saputo affrontare tutte queste criticità, ottenendo comunque ottimi oli extravergini di oliva.